INTERPELLANZA IN CONSIGLIO COMUNALE SULLA CLAUSOLA CAPESTRO NEI MUTUI COMUNALI, LA RISPOSTA TOTALMENTE INSODDISFACENTE DELL’ASSESSORA AL BILANCIO

L’ASSESSORA AL BILANCIO DEL COMUNE DI TORINO E’ IN SINTONIA CON LE BANCHE
Almeno un risultato è stato raggiunto dalla presentazione dell’interpellanza del cittadino riferita alla clausola capestro contenuta nei mutui stipulati negli ultimi 15 anni dal Comune di Torino con le principali banche, SAN PAOLO, UNICREDIT, CCDDPP, DEUTSCHE BANK, DEXIA, interpellanza discussa nella seduta del Consiglio Comunale dell’undici settembre scorso: l’Assessora al Bilancio Nardelli, in sede di replica, perlomeno, ha espresso con chiarezza il punto di vista dell’attuale Amministrazione. Ma andiamo con ordine.

LA CLAUSOLA CAPESTRO
I mutui a tasso fisso stipulati dalla Città di Torino contengono una clausola in base alla quale, in caso di estinzione anticipata degli stessi, l’ente deve comunque pagare l’intero ammontare degli interessi dovuti fino alla scadenza precedentemente fissata del mutuo stesso. Una clausola che pesa per il 15-20% del capitale residuo, che rende impossibile e non conveniente estinguere anticipatamente il mutuo.
Si dà il caso che la maggior parte dei mutui comunali, stipulati nei primi anni 2000 e fino al 2010, pagano alle banche un tasso di interesse medio del 4,5%.
Il tasso interbancario Euribor dal 2013 non ha invece superato lo 0,3% e dal secondo semestre 2015 è diventato stabilmente negativo, fino al primo semestre 2022.
I tassi di interesse di mercato, nel periodo considerato per i nuovi mutui, non hanno mai superato il 2 – 2,5%, la metà di quelli che invece ha pagato il Comune di Torino.

I PRIVATI, SI’, IL COMUNE NO
Si dà il caso che dall’inizio 2007 il decreto Bersani, convertito nella legge n. 40 del 2 aprile 2007, consente ai privati titolari di un mutuo per l’acquisto o la ristrutturazione di un’abitazione, di chiudere il mutuo a tassi elevati e di aprirne uno nuovo con altra banca SENZA PAGARE ALCUNA PENALE.
Tale norma vale per i mutui stipulati dopo l’entrata in vigore della legge; per quelli precedenti la penale varia dall’1,5 all’1,9%. Ed è proprio nel periodo 2006 – 2009 che il tasso interbancario è stato stabilmente sopra il 2% con un massimo del 5% a inizio 2009.
Il Comune invece, stretto nella tagliola dei contratti stipulati con la clausola capestro, incapace di denunciare la situazione di strapotere delle banche e di opporsi a essa, ha continuato a pagare per una decina di anni tassi di interesse mediamente doppi rispetto a quelli di mercato.
Viene da chiedersi il motivo per cui le quattro amministrazioni interessate da questo problema, cioè Chiamparino, Fassino, Appendino e da ultimo Lo Russo, non abbiano preso alcuna iniziativa politica di denuncia dello strapotere bancario, della complicità di Cassa Depositi e Prestiti, ente pubblico, con le banche private, della discriminazione dell’ente pubblico trattato peggio di un qualsiasi privato cittadino, né abbiano richiesto dal 2007 in poi di essere equiparate legislativamente ai privati eliminando o riducendo drasticamente le penali da pagare. Lasciando ad alcune delle banche citate da un lato di imporre al Comune di Torino stesso tassi molto elevati e dall’altro (Intesa San Paolo e Unicredit), di presentarsi come enti benefattori della cittadinanza e del Comune attraverso le loro Fondazioni.

UN DANNO DI ALMENO 150 MILIONI DI EURO
L’esatta quantificazione del danno alla Città non ci è possibile calcolarla, in base alle insufficienti informazioni di cui disponiamo, ma probabilmente, per difetto, il mancato risparmio si aggira almeno su 15 milioni di euro all’anno, che moltiplicati per dieci anni (2013 – 2022) fanno 150 milioni di euro.
Insieme alla sciagurata stipulazione dei derivati, che a fine 2022 hanno causato una perdita di 165 milioni e alla cronica incapacità di riscossione coattiva di multe e tributi (1.572 milioni di euro di crediti cancellati, ma spesi comunque) la clausola capestro è responsabile del pericolo di dissesto dell’ente, sempre incombente nonostante la robusta iniezione di aiuti statali.
E anche i pochi nuovi mutui stipulati conservano la famigerata clausola.
Le rinegoziazioni comunali con le banche sono prigioniere di uno schema fisso che si ripete immutabile sotto le diverse amministrazioni succedutisi, Fassino, Appendino e ora Lo Russo: si allunga la durata del mutuo, il tasso di interesse viene ridotto di pochi decimali e resta molto più alto del tasso di mercato, si sposta la restituzione delle quote di capitale più avanti di qualche anno. In questo modo il Comune ottiene un po’ di ossigeno, che gli consente di coprire la spesa corrente, ma perpetua il debito, lo trasferisce alle nuove generazioni e paga molti più interessi.

LA SPIEGAZIONE DELL’ASSESSORA AL BILANCIO
Dal sito internet della Città, registrazione dell’11/09/2023:
“In gran parte dei contratti di mutuo viene prevista, nel caso di estinzione anticipata del finanziamento, un indennizzo che comunemente e impropriamente viene definito penale, si tratta di un importo che la banca richiede in occasione dell’estinzione anticipata del finanziamento, finalizzato ad assicurare la copertura del rischio che la banca assume nel momento del prestito.
Le modalità di quantificazione di tale indennizzo sono analiticamente descritte nel contratto in cui si concede il mutuo sia con le banche private sia con CDP.
Nel caso di mutui a tasso fisso la banca assume un rischio di tasso d’interesse, considerato che il finanziamento concesso non è indicizzato per definizione in quanto fisso, mentre la propria raccolta ordinaria di liquidità è prevalentemente parametrata agli indici di mercato monetario a breve termine.
In caso di aumento dei tassi di interesse la banca subirebbe pertanto una perdita. In sostanza quando un istituto di credito concede un finanziamento a tasso fisso, al fine di coprire il proprio rischio di crescita dei tassi di interesse, si fa un’operazione di copertura integrale del rischio prevedendo il pagamento di un indennizzo a carico del cliente che chiede l’estinzione anticipata.
Non è corretto definire penale l’indennizzo previsto per l’estinzione anticipata
Al momento non esiste nessuna specifica disposizione normativa che consenta all’istituto di credito di non applicarlo o all’ente di pretenderne la disapplicazione”

Cosa si deduce dalle spiegazioni dell’Assessora al Bilancio?
– Che le banche hanno ragione, anzi non esiste alcuna clausola penale e tanto meno capestro. Le banche devono tutelarsi dai rischi di mercato e lo fanno con la clausola che blinda i tassi di interesse previsti nei contratti stipulati fino al termine di durata dei mutui.
​​​​​​​- Che non vi è alcuna norma che consenta alla banca di non applicare l’indennizzo o agli enti locali di chiederne la disapplicazione. Dimentica l’Assessora che si tratta di un contratto, che come tale è modificabile dai suoi due firmatari tramite nuova intesa, o con ricorso all’autorità giudiziaria da parte di uno solo dei due.
– Che anche nelle rinegoziazioni dei mutui è giusto che le banche non subiscano perdite (anzi, ne hanno già un bel guadagno perpetuando gli interessi fuori mercato) perché le banche non possono fare operazioni in perdita.

E’ appena il caso di ricordare che la riduzione di tassi di interesse molto più alti del mercato avrebbe comportato per le banche non delle perdite, ma solo una riduzione dei già elevati profitti!
Riteniamo che il Presidente o l’Amministratore Delegato di Intesa San Paolo o di Cassa Depositi e Prestiti non avrebbe potuto riassumere meglio il punto di vista degli istituti di credito. Ma il punto di vista dell’ente pubblico e soprattutto dei cittadini, è lo stesso?
Abbiamo qui la dimostrazione pratica del fatto che quando parliamo di strapotere delle banche in città, di supina subordinazione degli amministratori, di incapacità a tutelare gli interessi dei cittadini, non si tratta di un discorso ideologico, ma di una triste verità pratica.
La debolezza della politica cittadina ha consentito a tali banche da un lato di imporre al Comune di Torino per anni tassi di interesse fuori mercato e dall’altro di presentarsi come benefattori della comunità attraverso le loro Fondazioni. Dottor Jekill e Mister Hyde.

IL FUTURO
Infine, la considerazione dell’Assessora sul fatto che con gli aumenti record del 2023 un’eventuale operazione di estinzione anticipata non risulta più conveniente, non annulla gli errori del passato e del presente e non esime l’attuale Amministrazione comunale dall’obbligo morale di tutelare meglio il denaro dei cittadini e dal battersi per ELIMINARE LA CLAUSOLA CAPESTRO DAI NUOVI CONTRATTI. Anche perché i tassi di interesse potrebbero nuovamente scendere e poiché a oggi il 63% dell’ammontare del debito comunale, dati della Corte dei Conti Regionale, è composto da mutui a tasso fisso, si ricreerebbe in modo ancora più pesante la situazione penalizzante del decennio 2013 – 2022.

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Il debito dei comuni è stato utilizzato come strumento per abbattere, al livello locale e territoriale, lo stato sociale.
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Un gruppo di lavoro di cittadini torinesi, attivi in differenti realtà di movimento, ha preparato un dossier (v. all.) per facilitare la comprensione di questo problema. Non da poco perché “Dall’inizio dell’avventura il totale delle perdite comunali ha superato i 153 milioni di euro”. E il salasso continua!
Esistono strade legali per limitare significativamente i danni del disastro.
Nelle altre città coinvolte nel problema, al cambio di amministrazione, le nuove maggioranze prendono posizioni  chiare nel difendere gli interessi dei cittadini. Ci sarà forse dell’opportunismo; ma almeno si agisce.
A Torino, malgrado due cambi di amministrazione (2016 e 2021), tutto tace. Anche il centro-destra  torinese, a differenza di altre città come Venezia, si è ben guardato dal sollevare il problema seppure dai banchi dell’opposizione.
Evidentemente in questa città il rispetto reverenziale nei confronti  dei  poteri forti è ancora pienamente egemone nella cultura della nostra classe cosiddetta “dirigente”.
Ci siamo trovati il 12 Gennaio 2023 al Gabrio – via Millio 42 – Torino per decidere come utilizzare questa documentazione e come agire per spezzare questo muro di silenzio unanime da parte di chi non vuole dispiacere ai veri “padroni del vapore” di questa città.

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